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Identificare “chi” e non solo “che cosa” c’è dietro un prodotto o un servizio significa dare una valenza etico-sociale al prodotto stesso coinvolgendo i consumatori in un ulteriore passaggio di consapevolezza di consumo.

È con questa filosofia che il Ministero dell’Ambiente promuove in Italia la Social Footprint, un sistema di certificazione volontario per le imprese e gli enti che desiderano comunicare al mercato in modo trasparente l’identità sociale ed etica dei loro prodotti e servizi.

Ed è proprio in quest’ottica che Ecopneus, tra le prime società in Europa, ha promosso la certificazione di Social Footprint per le imprese del sistema consortile, concorrendo ulteriormente a qualificare il valore dei PFU nella Green economy nazionale e sul mercato attraverso l’identità sociale delle aziende della filiera che li recuperano e riciclano: un ulteriore tassello strategico per la sostenibilità del sistema.

L’indagine svolta per Ecopneus riguarda le imprese italiane attive nel sistema (esclusi i trasporti a lunga percorrenza) per un totale di 89 aziende, di cui 40 fornitori diretti per i servizi di trattamento e raccolta. La rimanente parte riguarda invece i subfornitori a sostegno del servizio di raccolta. I dati sono stati ottenuti attraverso questionari e contatti diretti con le aziende coinvolte.

In totale le aziende coinvolte da Ecopneus nella gestione dei PFU impiegano 4.526 occupati. Di questi 689 full-time equivalent risultano impegnati a tempo pieno nelle diverse attività collegate al recupero dei PFU: sono le dimensioni di una grande impresa italiana. A livello nazionale, l’età media degli occupati è 38 anni con una ripartizione per genere che vede il netto prevalere degli uomini (89%) rispetto alle donne: un dato che non stupisce vista la specificità delle attività svolte, tipicamente presidiate da manodopera maschile (l’82% degli impiegati svolge attività di gestione manuale o meccanizzata dei PFU raccolti). Oltre la metà dei lavoratori ha un’anzianità di servizio media compresa tra 3 e 10 anni contro il 29% in servizio da meno di 2 anni e il 16% con oltre 11 anni di lavoro alle spalle. Il 53% del totale ha un’istruzione di grado superiore o di tipo universitario.

Per il 22% delle aziende della filiera la gestione dei PFU è un’attività di core business. Di queste oltre la metà sono aziende di frantumazione organizzate anche per la produzione di granulo e polverino per il riciclo della gomma. Distribuite prevalentemente nel centro-sud hanno una dimensione media di 11 unità di personale: un dato che, pur evidenziando gli stretti margini di manovra per il raggiungimento di un equilibrio sostenibile del sistema sfruttando possibili economie di scala produttive, conferma l’adattabilità del tessuto produttivo italiano alle esigenze di flessibilità delle attività della Green economy. Ma il valore dell’identità sociale del sistema Ecopneus – come emerge dalla Social Footprint – è legato anche alle strategie messe in campo dalle aziende per creare benessere per i propri occupati e per la collettività. Tra i diversi progetti promossi dalle imprese della filiera – che nel tempo hanno coinvolto direttamente oltre 1.300 persone tra dipendenti e figli, nonché un numero imprecisabile ma sicuramente importante di altri stakeholder – troviamo iniziative che meritano di essere valorizzate e contabilizzate come ulteriore contributo alla sostenibilità del sistema. Ad esempio: sostegno alla lotta contro l’abbandono scolastico in aree disagiate; promozione della tutela dell’ambiente attraverso campagne di sensibilizzazione per il riciclo dei rifiuti o per la diffusione di energie alternative; sponsorizzazione di eventi o attività sportive e ricreative; libere donazioni a scuole e ospedali locali; promozione delle culture locali e delle produzioni alimentari di filiere locali a km zero; supporto finanziario a progetti internazionali di cooperazione allo sviluppo.