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L’industria del riciclo dei pneumatici giunti a fine vita in Italia funziona: crea ricchezza, occupazione, consente risparmi per il Paese, riduce emissioni climalteranti, prelievi di materie prime, consumo di acqua. Lo testimoniano i dati del 2015 presentati recentemente da Ecopneus nel suo Report di Sostenibilità che contiene un dato fondamentale: il riciclo complessivo di materia ha superato la soglia del 50%, superando il recupero di energia. Un dato che rispecchia l’aumento della domanda di gomma riciclata e gli investimenti delle imprese della filiera. In questo panorama il mondo dello sport ha la sua nicchia consolidata con 15.772 tonnellate di gomma reimpiegata nel settore. L’utilizzo in applicazioni sportive, tra cui soprattutto gli intasi per campi da gioco in erba sintetica ha registrato il 20,4% delle vendite, in flessione rispetto al 2014 (-7%) a causa di un calo dell’export, ma con una netta crescita della quota nazionale, che in valore assoluto è aumentata di circa 2300 tonnellate complessive. La domanda di gomma riciclata per la produzione di playgrounds ha riguardato il 13,4% del totale commercializzato con un + 32% rispetto al 2014 dovuto principalmente all’aumento della quota di export.

“Le aziende di frantumazione che lavorano con Ecopneus stanno effettuando investimenti per 15 milioni di euro” dichiara Giovanni Corbetta, direttore generale di Ecopneus. “E’ un dato che dà la dimensione del dinamismo del settore e della fiducia che gli imprenditori italiani ripongono nella green economy. La qualità del materiale si affina sempre più e migliorano le valenze applicative. La circular economy produce risultati concreti”.

Nel 2015, Ecopneus ha raccolto oltre 241mila ton di PFU (pari a circa 27 milioni di pezzi) presso oltre 25mila gommisti in tutta Italia, superando dell’8% il target di legge Altre 6,6mila tonnellate sono state raccolte presso siti di accumulo preesistenti e grazie al Protocollo per la Terra dei fuochi. Sono quindi 246mila le tonnellate complessivamente recuperate nel 2015, per il 54% come materia e per il 46% come energia. Il recupero dei PFU ha portato importanti benefici ambientali, calcolati dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile: nel 2015 è stata evitata l’emissione di 363mila tonnellate di CO2 eq (come 80mila automobili che percorrono 30mila km in un anno), un prelievo di materie prime di 355mila tonnellate (pari al peso di 1.000 Airbus 380) e un consumo di acqua di quasi 1,8 milioni di m3 (un volume equivalente a 710 piscine olimpioniche). Il costo di gestione complessivo è stato pari a 64,2 milioni di euro, di cui circa l’88% distribuito alle imprese della filiera, che danno lavoro a 642 persone. Il beneficio economico per il Paese è traducibile in 119 milioni di euro di importazioni di materie prime evitate.

“Questi risultati testimoniano la crescita di un settore strategico per un’economia circolare a bassissime emissioni di carbonio” commenta Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. “L'Italia è una best practices europea, con una importante filiera della green economy e rilevanti ricadute economiche e occupazionali: ora deve innovarsi per affrontare le prossime sfide. Il Decreto di riferimento (5 febbraio '98) andrebbe aggiornato considerando le tante opportunità di riciclo per prodotti e applicazioni, inimmaginabili fino a 20 anni fa. Occorre lavorare sulla Responsabilità estesa del produttore e alla revisione della normativa in ottica End of Waste allineandosi ai recenti indirizzi a livello europeo".